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Nella seconda bolgia dell’VIII cerchio, gli adulatori, colpevoli di aver ingannato le loro vittime con suadenti parole, giacciono tra nauseabondi escrementi e si percuotono violentemente con le mani. Le grottesche caricature di Dante acquistano bagliori tragici nella tela di Federica Belloli, che si concentra sull’etera ateniese Taide: la “sozza e scapigliata” prostituta, che nei versi del poeta si graffia con le unghie luride e si accoscia provocatoriamente, diventa un volto nel buio che grida tutta la sua disperazione. Il focus della composizione è proprio sulla bocca spalancata in quell’urlo sospeso e replicata più volte a rendere il forsennato agitarsi della testa: gli occhi chiusi alla realtà esterna e le mani nervosamente contratte a proteggere il viso accentuano l’angoscia che sconvolge la dannata. Tutt’intorno non è altro che il vuoto cupo del nulla, con cui contrasta l’incarnato livido di Taide: la sua solitudine è impenetrabile.
Al momento l'opera non è disponibile per la spedizione. Resterà in esposizione fino al 16 gennaio 2022 presso il Museo Casa Gaia a Portobuffolè (Treviso) per la mostra DIVINA COMMEDIA. L'arte contemporanea rilegge...
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